Tabù e pregiudizio Limiti oggettivi e soggettivi

Circa l’uno per cento della popolazione in Svizzera soffre di epilessia ma soprattutto dei pregiudizi che la riguardano.
La Giornata nazionale dell’Epilessia ha l’intento di informare un pubblico possibilmente ampio sul quadro clinico di questa malattia. Per il 2009, ParEpi e SeSi hanno deciso di unire nuovamente le forze per lottare contro i pregiudizi e presentare al pubblico una serata dove si è discusso di epilessia e qualità di vita. Non sarebbe stato giusto trattare questo tema senza sentire delle testimonianze dirette da parte di chi soffre di questa malattia, per questo motivo la serata è stata organizzata in due tempi, in un primo momento Ivo Zanda e Stefano Buletti, entrambi affetti da epilessia, hanno portato le loro esperienze e in un secondo tempo, Anna Maggetti Jolidon, psicologa e psicoterapeuta, ha coinvolto il pubblico presente mettendo in evidenza alcuni aspetti psicologici della malattia.

 

Le 40 persone presenti e soprattutto i molti giovani del pubblico hanno ascoltato con vivo interesse le due testimonianze proposte da Ivo e Stefano che qui di seguito cerco di riportare.

Prima testimonianza:

Ivo si è esposto per primo e con toccante sincerità é riuscito a “raccontarsi”. Nel novembre del 1980 Ivo ha avuto un incidente automobilistico, dove ha riportato un trauma cranico. A partire dall’inizio degli anni 90 una serie di cefalee, che Ivo tratta con delle semplici aspirine, per poi arrivare a novembre del 1991 quando, mentre cenava con sua moglie, si è alzato e ha cominciato a battere la testa sul pavimento, Ivo lo definisce “il fattaccio” che fortunatamente è stato rapidamente riconosciuto dalla moglie, incita di 4 mesi, che negli anni precedenti aveva fatto uno stage presso l’Epi Klinik. “Il fattaccio” di cui parla Ivo è stata la prima crisi epilettica.
Dagli accertamenti del caso e da una risonanza magnetica risulta la presenza di un tumore al cervello che Ivo ipotizza come causa della sua epilessia. In situazioni come queste le reazioni possono essere molteplici, ci si può lasciare sopraffare dalla diagnosi e perdere ogni capacità di lottare, oppure, come Ivo, trovare dentro di se una grande forza e decidere di affrontare di petto la situazione. Le parole di Ivo: “siccome ce l’ho, tanto vale farmi operare per toglierlo […] ho pure avvisato i miei famigliari che non avrei accettato piagnistei ne lamenti contro santi o chicchessia”.
Ivo decide allora di farsi operare immediatamente e l’esito positivo dell’intervento gli permette di tornare a casa dopo solo una settimana.
I problemi per Ivo, però, continuano e durante una settimana di vacanza con sua moglie si accorgono che la calotta cranica si era sollevata in maniera anomala. Al ritorno si scopre che Ivo presenta un altro tumore, nello stesso punto ma di altro genere. La forza di Ivo lo porta ad un'altra operazione che però decide di posticipare a dopo la nascita di sua figlia.
Dopo questi momenti caratterizzati da timori per gli esiti delle operazioni, a livello lavorativo bisognava affrontare la situazione. L’azienda per la quale all’epoca lavorava, gli propone il pensionamento e ora Ivo percepisce, con la cassa pensioni e l’AI, quasi lo stesso salario dell’ultimo periodo lavorativo.
Ivo ci dice che rispetto alla maggior parte dei soggetti epilettici che conosce, le sue crisi sono di minore intensità e riesce spesso a sentire quando stanno per arrivare. In quei momenti Ivo si siede, fa dei respiri profondi e spesso riesce anche ad evitarle.
Oggi Ivo fa circa una crisi epilettica all’anno e le ultime due sono state causate da una sua distrazione nell’assunzione dei medicamenti. Ivo ricorda la sua ultima crisi, era in macchina ma è riuscito a parcheggiare, mandare un SMS alla sua amica prima di avere una lieve assenza.
Da circa due anni vive nel suo nuovo appartamento a Gondola, dove passa il tempo anche grazie al suo hobby: la fotografia.

Dopo questa prima testimonianza, la serata ha visto il turno di Stefano che, anche lui con grande coraggio, ha preso la parola per raccontare la sua esperienza.

Seconda testimonianza:

Stefano si è ammalato all’età di dodici anni di encefalite, viene curato ma rimane tre settimane in coma e al suo risveglio era apparsa l’epilessia. Dopo l’ospedalizzazione Stefano torna a casa ma le crisi erano tante e anche molto forti:130 crisi di Grand mal all’anno. Stefano ha perso circa mezzo anno di scuola ma anche grazie all’aiuto del suo fratello gemello ha potuto recuperare.
Stefano ci racconta che grazie alla medicina e alla farmacoterapia, la sua qualità di vita,negli anni, è migliorata. Nel 1980 è stato all’Epi Klinik, dove gli hanno trovato una cura adeguata e le crisi sono progressivamente diminuite per arrivare a 15 crisi all’anno. Stefano non minimizza l’aiuto della farmacologia ma sostiene anche che un altro e altrettanto grande aiuto lo ha avuto dalle sue relazioni e affetti. Matrimonio e figli gli hanno fatto diminuire le crisi che sono scese a 3 all’anno e d’intensità minore. Stefano racconta: “ una cosa molto importante per non lasciarsi andare, quando si ha l’epilessia, come in tutte le malattie, è di non nascondersi ma di cercare l’appoggio della famiglia, della società e delle associazioni specializzate come SeSi e Par Epi”.
Questi anni trascorsi con l’epilessia dove Stefano ha saputo affrontarla e trovare il sostegno necessario, lo portano ora a sostenere che: “la malattia mi ha insegnato ad apprezzare la vita”. Siamo certi che non per tutti risulterà un percorso semplice ma ci fa anche capire che il poter parlare e condividere i vissuti legati a questa malattia sia importante e utile.
Nella testimonianza di Stefano emergono aspetti legati ai tabù e ai pregiudizi rispetto all’epilessia. Stefano ci confida che in passato, quando la malattia era ancor più di oggi poco conosciuta, molti avevano paura e, spinti anche dalla religione, vedevano nell’epilettico un indemoniato:”è vero, la nostra malattia crea molte paure in chi non la conosce e non ha mai visto una crisi”.
Emergono anche i problemi oggettivi legati a questa malattia e Stefano cita l’impossibilità di praticare alcune professioni maggiormente a rischio, a volte, come nel suo caso, l’impossibilità di guidare la macchina e gli effetti collaterali dei farmaci che bisogna assumere.
Stefano conclude con queste parole: “ un problema di cui mi sono reso conto è quello dell’accettazione della malattia nella propria famiglia. Se mia moglie mi ha scelto già sapendo dell’epilessia, non è stato così con i miei figli che, ora adolescenti, si trovano a fare i conti con un padre in questa condizione”.

La psicoterapeuta Anna Maggetti Jolidon:

Anna Maggetti Jolidon, non essendo un’esperta di epilessia, non ha trattato i limiti oggettivi di questa malattia ma, ha concentrato le sue riflessioni soprattutto sui limiti soggettivi che si riscontrano in persone affette da epilessia. La relatrice, che ha ben capito l’importanza di coinvolgere il pubblico presente, è partita da riflessioni scaturite dalle varie esperienze personali delle persone presenti in sala.
Il primo tema emerso è stato quello dei tabù ancora fortemente correlati con l’epilessia. La Signora Maggetti Jolidon ha spiegato come il tabù sia collegato alla paura, per esempio quella di dover mandare il proprio figlio a scuola montana e non voler dire al maestro della sua malattia. La paura nasce soprattutto dal timore del pregiudizio. A livello sociale l’epilessia non risulta più essere un tabù ma è a livello di entourage , di quartiere, di persone legate da vicino alla persona epilettica che permangono forti timori e paure e per l’epilettico e i suoi famigliari la preoccupazione per il pregiudizio.
Dal pubblico emergono subito riflessioni importanti: una madre esprime il suo disappunto rispetto a un maestro che non si è assunto la responsabilità di portare in passeggiata scolastica suo figlio epilettico, un’altra madre racconta delle difficoltà che sua figlia incontra nel trovare lavoro e il dubbio se dire o non dire al datore di lavoro della malattia. A questo proposito ci sono state molte riflessioni nel pubblico e anche consigli se dire o non dire della malattia, risulta comunque un tema aperto e non esistono risposte giuste o sbagliate. Anna Maggetti Jolidon sottolinea però l’importanza a volte di lasciare la possibilità al bambino o all’adolescente di non dire, di tenere per sé la sua malattia, di mantenerla sufficientemente privata fino a che non se la sentirà di parlarne con altre persone. La cosa importante è cercare di trovare una dimensione esistenziale a prescindere dalla malattia, si è prima di tutto una persona, non un epilettico.

La relatrice ha poi spostato il vertice sui genitori con bambini epilettici. Nessun genitore è programmato e pronto ad avere bambini non sani, con problemi gravi. La nascita di un figlio con gravi problemi crea forte ansia e angoscia nel genitore che si ritrova ad affrontare questo cammino spesso in solitudine, si pone molta attenzione al bambino malato ma il genitore necessita anche lui di un sostegno. Il sostegno ai genitori risulta essere fondamentale, da un lato per il benessere degli stessi, dall’altro per evitare che sviluppino un atteggiamento iperprotettivo e che non riconoscano le competenze del bambino.

In seguito si è affrontato il tema dei bambini con epilessia e la relatrice ha illustrato come l’aspetto più evidente che emerge in un lavoro psicoterapeutico con questi bambini sia l’imprevedibilità delle crisi. Questa componente crea ansia nel bambino che genera insicurezza generalizzata e non solo legata alle crisi. L’insicurezza che viene a crearsi nel bambino lo porta ad avere difficoltà ad imparare. Imparare, apprendere, significa trovare il coraggio di addentrarsi in un campo che non si conosce e ciò risulta ancor più difficile se non ci si sente sufficientemente sicuri. Un’insicurezza generalizzata impedisce al bambino di esplorare l’universo ignoto che gli si presenta ogni qualvolta deve apprendere nuove cose. L’ansia del bambino, che è generatrice di insicurezza, è spesso accompagnata o aumentata quando entra in contatto con l’ansia del genitore. Il genitore, se non sostenuto e aiutato, rischia di non essere in grado di accogliere e “smorzare” le ansie del figlio e di aggiungere nella relazione anche le sue di ansie.
Dal bambino si è passati a trattare l’adolescenza, un età già di per sé difficile. Questo periodo della vita è caratterizzato, tra le altre cose, dal desiderio e la necessità di crearsi una propria intimità, individualità e dove non si ha voglia di raccontare le proprie cose. È l’età dove è giusto concedere di nascondere le proprie cose. L’adolescente deve poter anche decidere di non parlare della sua malattia e tenerla nascosta.

La relatrice ha stimolato il pubblico a riflettere sul ruolo dei fratelli di bambini epilettici e le varie testimonianze hanno messo in luce le differenti reazioni. In sala era presente la sorella di una ragazza epilettica che ha deciso di fare il suo lavoro di diploma al liceo proprio sull’epilessia, Stefano Buletti ci racconta che suo fratello gemello sembra non aver sofferto della sua malattia e Silvia Rusca Käppeli (responsabile del gruppo di auto aiuto di ParEpi) ha messo in evidenza come spessi i fratelli degli epilettici si ano confusi e arrabbiati con il fratello malato.
Anna Maggetti Jolidon ha ripreso queste testimonianze e ha spiegato come la rabbia sia spesso generata da vari aspetti. Spesso si chiede ai fratelli più responsabilità e si tende a lasciarli in disparte rispetto al figlio epilettico, sono i figli che “devono” crescere “troppo buoni” per non pesare sui genitori che si occupano del fratello epilettico. Questo “compito”, direi quasi forzato, rischia di portare i fratelli al limite della sopportazione, tengono, tengono e poi rischiano di scoppiare.

Dopo i saluti finali da parte di Daniele Zwikirsch, presidente della SeSi, i presenti in sala hanno potuto continuare a conversare e a scambiarsi idee, riflessioni e anche indirizzi per conoscersi meglio e restare in contatto.

Molte altre sono state le riflessioni durante la serata ma che per questioni di spazio mi è impossibile riportare. Mi preme però sottolineare come serate di questo genere siano importanti, sia per le persone affette da epilessia, per i genitori con bambini epilettici e per tutti coloro che vogliono lottare contro i pregiudizi e contro la loro paura dell’ignoto. Mettiamo conoscenza dove c’è ignoto e sono convito che molte paure svaniranno.

Martino Regazzi