Venerdì 4 ottobre 2024

Le Quattro Chiacchiere in esterno ci portato a scoprire Lugano e i suoi palazzi, approfittando della Festa d'Autunno.
Il nostro cicerone accoglie il nutrito gruppo di partecipanti e dopo i saluti di rito si parte.
Siamo in Piazza Cioccaro. Davanti a noi, la facciata del primo dei palazzi Riva. Il portale aperto, consentirebbe di ammirare il suo scalone fastoso. Dietro in V. Pessina, abitavano i pescivendoli, … un po’ si sente ancora. La premiata salumeria Gabbani espone sotto il portico seducenti salami di cartone. All’altezza del Gran Caffè al Porto sbucava un fetido budello del malfamato quartiere Sassello, rasato igienicamente nel 1939. [Nessuno di noi gitanti era ancora nato]. A ricostruzione finita ci fu chi lo rimpianse. Della Pasticceria Vanini resta il mosaico dell’entrata. C’erano i graffiti di stampo futurista di Mario Chiattone; suoi schizzi sono esposti al Guggenheim di New York! Raggiungiamo la Piazzetta Luini. Aggiriamo da dietro la Chiesa degli Angioli. Non facciamoci impressionare dallo scheletro della omonima funicolare che verrà rimpolpato… Entriamo nel Chiostro dei Frati minori osservanti: le due meridiane non ci offrono l’ora. Eccoci al LAC che fa di Lugano il più bel centro Artistico Culturale del cantone: balletti, concerti, mostre, opere, congressi e teatri - pregevoli.
Alla ricca Paradiso ci accolgono la 700esca Villa Malpensata e la gigantesca Sequoia - sempervirens, ma scapata. Sono in bella vista alberghi pentastellati e la Sirenetta lacuale. Se per delirio di ipotesi, ci pungesse vaghezza di proseguire, giungeremmo alla Forca di S. Martino, “forca” perché vi si impiccavano i delinquenti, veri o presunti. In seguito, luogo e metodo vennero cambiati. Alla foce del Cassarate, non disponendo di ghigliottina, ci si arrabattò con la scure. Ci sono testimonianze che allo spettacolo erano ammessi pure i bambini: così imparavano… L’ultima a perdere la testa fu Giovanna l’urlatrice. ”Via! Via! Andiamo via di qua!” canta il Conte. Rilassiamoci sul quai ove i tigli olezzano. L’Hôtel du Lac, di là della strada, sopprime una delle due navate della Chiesa degli Angioli. L’entrata dell’ostello è coperta da una tettoia sorretta da quattro bellimbusti. Prima del 1880, nonno Ippolito (da Ruvigliana) per venti franchi “posò” per ore e ore gonfiando i muscoli. I tre compari sono sue mere copie, scolpite comunque anch’esse con scalpello, martello e sudore della fronte, non in 3D! La testa però - a udire nonna – non è di nonno. Pst! Si entra in chiesa, poi si andrà ad ammirare Palazzo Civico. Prima va data un’occhiata, anzi due, a Palazzo Rezzonico. Questo piccolo edificio ha due lati ornati da due trompe-l’oeil con un unico soggetto: “‘Le vedette luganesi”. Porta la berretta bianca e maneggia la scopa la servetta; veste la livrea e tende le tende il camerlengo. La tradizione li vorrebbe di guardia per allertare i Volontari dell’eventuale arrivo - via lago – dei cattivi Cisalpini. Ma i due paiono in altre faccende affaccendati. Nel vestibolo dell’adiacente Palazzo Civico ci scontriamo con uno scatenato “Spartaco”. Lo scolpì nel 1849 Vincenzo Vela. Durante i lavori di restauro del Palazzo, il Ribelle corse freneticamente a dritta e a manca e rifiatò solo nel Castello di Trevano  – quello poi demolito nel 1961. Sulla Rivetta Tell si staglia la statua dell'eroe urano che brandisce la freccia fatidica.  A tre passi si aprono e si chiudono i due cancelloni del Parco Ciani. Qui si cela il “Socrate morente” di Markus Antokolski (1876) più volte imbrattato dall'AVS (Anonima Vandali Seriali), che smise di tormentarlo sconsideratamente solo dopo avergli spaccato l'alluce. “Socrate” fu infine rimosso, restaurato e… rimesso al suo posto. Soprastante c’è Villa Ciani, venduta alla città dell’erede.  È tempo che torniamo in Piazza della Riforma, colma di bancarelle, zoccolette e vendemmiatrici. A visionare Villa Ciani e La Favorita torneremo, promesso. Per concludere il piccolo giro (meno di 5'000 passi), un salto se lo merita la “Piccionaia” in quanto costruzione più antica della città (fine XV secolo). Nel corso del XVI fu rialzata di un piano. Dove fosse piazzata la-piccionaia-vera-e-propria non si sa: “a levante” – è scritto. Dopo V. al Forte - covo di velleitari 60ottini - diamo un contrito sguardo alla Pensilina bottiana: pare abbia i giorni contati.  Arriviamo in V. Pretorio dove si apre - è sempre aperta - la bella corte del secondo (o terzo?) Palazzo dei conti Riva. Ho perso il conto. A destra spicca il rosso di un edificio a mattoncini apparenti: ciò è la firma di Botta. Mario è salito sul tetto a porvi un acero, ma la siccità l’ha seccato. È già stato sostituito. Già che di tutt’altra scorza è lo “Swarzpappel” (pioppo nero) di Schönenberger che spunta spontaneo dal catrame di V. Balestra. Troppo lontana oggi per noi. In Piazza Dante è rimasta la Chiesa di S. Antonio dei PP. Somaschi. 
Giovanni